L’esorcista sconosciuto che non era del gruppo degli apostoli. La libertà dello Spirito di Dio di scegliere chi vuole

Commento al vangelo della XVI domenica del Tempo Ordinario – Anno B

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È meglio per noi cristiani camminare col passo dello zoppo, operare con la lentezza di chi ha una sola mano e vedere le cose con un solo occhio anziché vivere della pretesa che noi siamo migliori degli altri, facciamo meglio degli altri e vediamo tutto meglio degli altri. L’accesso al Regno di Dio richiede questo atto di umiltà. Diversamente rischiamo di dare scandalo al mondo. E per chi scandalizza le anime semplici con l’intento di confonderle, Gesù dice che sia meglio che si leghino una pietra al collo e siano gettati nel mare. Parole durissime che fanno capire cosa c’è in gioco quando si tratta della salvezza delle anime. Nel mare della confusione che regna in un mondo dove non si sa più cosa sia vero e cosa sia falso, Gesù non accetta dai suoi discepoli altra linea di condotta che non sia quella della trasparenza e della sottomissione al suo vangelo. Misura di tutte le cose è il vangelo, non la manipolazione che siamo tentati di farne, per far quadrare i conti attorno ai nostri interessi.

Uno sconosciuto sta praticando degli esorcismi nel nome di Gesù. Nessuno degli apostoli lo conosce e vogliono subito fermarlo. Non accettano che qualcuno possa operare nel nome di Gesù senza che facciano i conti anche con loro. A dire il vero, gli apostoli erano già in tensione fra di loro per decidere chi fosse, tra loro, il più importante. La scoperta che Dio possa operare anche attraverso altri li scombussola.

Agli apostoli sfugge una verità fondamentale: loro hanno ricevuto il più importante dei doni, ovvero la chiamata ad essere apostoli, le dodici colonne su cui Gesù fonderà la sua Chiesa. Il vero dono è questo, non il potere di scacciare i demoni. Quello sconosciuto è un discepolo di Gesù ma non ha ricevuto questa chiamata. Lo Spirito Santo si sta servendo di lui per realizzare i piani di Dio in modi misteriosi, perché è Signore e può farlo.

Alla fine, il problema degli apostoli e di noi cristiani di ogni secolo è sempre lo stesso: la tentazione del controllo. E il controllo è una logica di potere. Qui sta la causa di tutte divisioni nella Chiesa. E la divisione è lo scandalo da cui Gesù ci mette in guardia.

Il peccato fondamentale, qui, sta nel credere di avere un rapporto privilegiato con Dio, che non ha bisogno di passare attraverso la comunione ecclesiale e non vive della carità di Cristo. Nella comunione dei fedeli l’unico capo è Cristo ma Cristo, da capo che era, si è fatto servo. La nostra vocazione si esprime nella reciproca sottomissione degli uni agli altri e di tutti a Cristo. Vivere la comunione della Chiesa è la misura della fedeltà a Cristo. E lo Spirito manifesta la potenza di Dio nella Chiesa che vive questa comunione. Nessun santo è mai stato un battitore libero. Non lo era neanche quello sconosciuto del vangelo, altrimenti non avrebbe potuto scacciare demoni in nome di Cristo.

Lo Spirito di Dio è libero di posarsi su chiunque egli voglia, di dare una parola di profezia, anche per una sola volta, anche a chi non dovesse neanche “frequentare” la Chiesa. E noi dobbiamo arrenderci a lui, alle sue vie misteriose. È anche un modo per riconoscere, umilmente, che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri e che nessuno si salva da solo.

La nostra missione non è difendere i confini della Chiesa dai suoi nemici. Davanti alle accuse dei Giudei e dei romani, Gesù non ha impugnato le armi per difendere la gloria di Dio. Si lasciato inchiodare a una croce. Dio non ha bisogno di essere difeso. La nostra vocazione è espandere il Regno di Dio nella storia del mondo con la forza dell’amore stesso di Dio.

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