Maria nel tempo dell’Avvento. Il silenzio e l’attesa

Cominciamo con una premessa. Può sembrare scandaloso per la sensibilità di un cristiano devoto sentirsi dire che il desiderio più grande di Maria non è di essere venerata come regina, così come Gesù non intese mai fare dell’annuncio del vangelo un mezzo per stabilire un culto di adorazione verso di lui al modo delle divinità pagane.

Ma il fine ultimo dell’annuncio del vangelo è accogliere la parola di Gesù come parola di Dio che ci rivela l’amore del Padre e la nostra identità in quanto figli di Dio e fratelli dell’unica famiglia di Dio. È questo incontro con Dio e, in Dio, con l’umanità in quanto fraternità che Gesù voleva. Come figli, adoriamo l’unico Dio in tre persone e veneriamo Maria come Madre e come Regina. Come figli siamo anche chiamati alla fraternità in quanto via privilegiata per professare la figliolanza divina. Il culto di adorazione a lui doveva essere la conseguenza più spontanea e più naturale, il frutto di questo incontro col Padre nell’esercizio del comandamento dell’amore e della fraternità.

Invece, troppo spesso l’adorazione di Gesù e la venerazione di Maria sono vissuti come valore sganciato da un ascolto profondo della parola di Dio e dalla fraternità.

Il desiderio di Maria non è di essere messa su un piedistallo e venerata come regina. Maria ci è donata da Dio per essere contemplata, ascoltata, imitata. E in questo tempo di Avvento, Maria ha tanto da dirci sul mistero del Natale e dell’attesa.

Esistere e sapere che siamo attesi da qualcuno è qualcosa che dà un forte senso all’esistenza.

San Paolo ci ricorda, scrivendo ai (Romani 14,7-8), che “Nessuno di noi… vive per sé stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore”. 

Quando guardiamo a Maria, la prima cosa che impariamo è che ad attendere non siamo solo noi. Anche Dio attende.

Maria, in forza del suo immacolato concepimento, è la donna che più di ogni altra persona seppe abbandonarsi al mistero dell’amore di Dio che si dispiegava in lei. Maria imparò l’arte dell’attesa.

In un mondo dove il consumare tutto e subito, e l’accumulare sono diventati l’orizzonte primo ed ultimo dell’esistere, l’uomo ha perso capacità di meraviglia che nasce da uno sguardo contemplativo, proprio di chi sa attendere.

Non sappiamo attendere più, siamo diventati nervosi, suscettibili e aggressivi: ai semafori, in fila negli uffici pubblici, in Chiesa, a casa, ovunque. Il nostro sguardo è prigioniero del qui ed ora, senza slancio verso il futuro. Ma è lì, nel futuro, che Cristo ci attende per l’abbraccio glorioso e definitivo. Eppure, noi viviamo come se non l’appettassimo. Abbiamo altre priorità, altre urgenze. Altri pensieri occupano la nostra. Ci siamo spenti dentro, incapaci di lasciarci sorprendere e di provare il soprassalto dell’imprevisto di Dio. Siamo delusi e stanchi da una vita che aveva fatto tante promesse mentre ne ha mantenute poche. Abbiamo perso l’inquietudine del bene.

Contemplando la Madre, riscopriamo che c’è qualcuno che ci attende. È Dio. Guardando a Maria, colei che orienta il nostro sguardo a Gesù, si accende, in noi, l’arte del saper attendere, del voler attendere. Maria ci insegna come lasciarci avvolgere dallo Spirito Santo, il quale ci trasforma interiormente, mediante il silenzio, per vivere tutta la nostra vita come un grande Avvento, in attesa del Signore che viene.

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