di Luigi Accattoli – “la Lettura” del 12 agosto 2012
«Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati»: dice così l’attuale formula della consacrazione del vino in traduzione italiana.
Ma da sei anni il Papa chiede che in tutto il mondo si adotti una traduzione letterale del testo latino, che ha «pro vobis et pro multis» e gli episcopati si vanno allineando, ma non quello italiano che vorrebbe mantenere le parole «per tutti». Ne è nata una disputa che vede anche la proposta «per la moltitudine», o «per moltitudini immense».
Il dibattito ha più di quarant’anni e risale alle traduzioni del Messale Romano nelle lingue moderne, all’indomani del Vaticano II. Quella italiana fu approvata da Paolo VI nel 1971. La questione è stata riproposta da papa Benedetto con una lettera ai vescovi della Germania che ha la data del 14 aprile di quest’anno, con la quale si rifaceva a una lettera circolare inviata nel 2006 dalla Congregazione per il culto alle Conferenze episcopali dei Paesi dov’era in vigore la traduzione «per tutti» per invitarle a rimediare.
La sollecitazione del Papa teologo fa parte del suo miniprogramma di «riforma della riforma liturgica», com’è stato chiamato da alcuni osservatori.
La lettera del Papa ai vescovi della sua Germania ovviamente vale per gli episcopati di tutto il mondo alle prese con analoghe traduzioni «inclusive» e dunque anche per il nostro. Benedetto nella lettera rifà la storia della traduzione «per tutti», si appella alla più recente traduzione «unificata tedesca» della Bibbia — cioè condivisa da cattolici e protestanti — che è tornata al «per molti» e conclude: «La traduzione di pro multis con per tutti non è stata una traduzione pura, bensì un’interpretazione, che era, e tuttora è, ben motivata, ma è una spiegazione e dunque qualcosa di più di una traduzione». È perciò necessario che essa venga «sostituita dalla semplice traduzione per molti».
Le lingue coinvolte sono tutte le principali, tranne il francese che ha «pour la multitude». La prima Conferenza episcopale ad accettare l’invito del Papa è stata nel 2009 quella dell’Ungheria. Sono seguite alcune Conferenze latinoamericane (Messico, Cile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia), mentre i vescovi spagnoli attendono che venga approvata la nuova edizione del messale che avrà «por muchos» e non più «por todos los hombres». Nelle chiese anglofone «for many» al posto di «for all» è in uso dal 2011. I vescovi del Portogallo hanno votato per la sostituzione del «por todos» con il «por muitos» e attendono il via libera di Roma per la pubblicazione del nuovo messale. In tedesco sta per arrivare il «ffir Viele» voluto dal Papa tedesco al posto di «ffir Alle».
I nostri vescovi — generalmente in prima fila nel seguire i desiderata papali — in questa occasione sono tra i renitenti e si mostrano affezionati al «per tutti», se non altro al fine di risparmiarsi le obiezioni dei partecipanti alle celebrazioni, che direbbero: «Si cambia di nuovo?», ma anche: «Il sangue di Cristo non è sparso per tutti?». Nel novembre del 2010, in una votazione su questa richiesta del Papa, 171 nostri vescovi votarono «no», 11 «sì», mentre solo 4 furono quelli che proposero «per la moltitudine». Ed è oggi verosimile che siano quei quattro ad averla vinta: la soluzione alla francese sta infatti guadagnando terreno tra i nostri studiosi.
Francesco Pieri, prete di Bologna e professore di Liturgia e greco biblico, propone «per la moltitudine» nel volumetto appena uscito Per una moltitudine. Sulla traduzione delle parole eucaristiche (Edb). Un altro studioso, Silvio Barbaglia, prete di Novara e professore di Esegesi, suggerisce «per moltitudini» con un intervento sulla rivista «Fides et Ratio» intitolato Per tutti oppure per molti? I due hanno l’appoggio del decano dei teologi italiani Severino Dianich, prete di Pisa, che firma l’introduzione al volume di Pieri.
Per Pieri «una soluzione per avvicinarsi alla lettera della formula senza tradirne il senso è rappresentata dalla felicissima traduzione del messale francese, pour la multitude, che sarebbe senza difficoltà adottabile in italiano e probabilmente anche nelle altre lingue romanze: per la moltitudine o se si preferisce per una moltitudine. Una tale traduzione, più vicina alla lettera del messale romano di quella attualmente in uso, aiuterebbe a dischiudere a un maggior numero di fedeli il cuore stesso di quella preghiera eucaristica con la quale per oltre un millennio e mezzo l’Occidente ha celebrato la messa, professando la propria fede e alimentando la propria devozione».
«Credo — scrive Barbaglia — che l‘espressione letterale più corretta che renda il senso innovativo dato dalla redazione liturgica sia: per voi e per moltitudini.
Ma l’espressione pro multis potrebbe anche essere resa con due termini invece di uno: attraverso un sostantivo che esprima l’idea della moltitudine, accompagnato da un aggettivo che ne sottolinei la dimensione in-definita. L’aggettivo della lingua italiana — proveniente dalla lingua latina — che meglio esprime tutto ciò è immenso, che significa senza misura: esattamente la dimensione di ciò che non è delimitato o definito. L’esito dell’analisi qui condotta sarebbe dunque per voi e per moltitudini immense».
Tra le accezioni di «moltitudine» il dizionario Battaglia elenca come sesta — e con una quantità di esempi, dal Pallavicino al Leopardi — quella che indica «l’universalità, la generalità, la maggioranza degli uomini, l’umanità intera». E in questo significato che già l’adottarono i vescovi francesi e che la propongono ora gli studiosi italiani, sostenendo che «moltitudine» corrisponde meglio di «molti» al senso del greco «polloi» che è nei Vangeli (e dell’ebraico «rabbim» che forse fu sulla bocca di Gesù), dal quale viene il latino «multis», perché indica una «quantità senza misura», aperta alla totalità, mentre «molti» nella nostra lingua si oppone a «tutti» e suona quindi come escludente la totalità.
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