L’ultima Parola di Carlo Maria Martini. Nel comunicare c’è tutto il mistero dell’uomo e di Dio.

Avvenire 12 sett 2012

“Solitamente si dà della comunicazione una definizione empirica: comunicare è «dire qualcosa a qualcuno»… Questa concezione empirica, alla luce dell’odierno allargamento di prospettive, dove sempre più si comunica senza vedere il volto dell’altro, ha fatto emergere con chiarezza il problema maggiore della comunicazione, ossia il suo avvenire spesso solo esteriormente, mantenendosi sul piano delle nude informazioni, senza che colui che comunica e colui che riceve la comunicazione vi siano implicati più di tanto”.

“Nel sepolcro di Gesù, la notte di Pasqua, si compie il gesto di comunicazione più radicale di tutta la storia dell’umanità. Lo Spirito Santo, vivificando Gesù risorto, comunica al suo corpo la potenza stessa di Dio. Comunicandosi a Gesù, lo Spirito si comunica all’umanità intera e apre la via a ogni comunicazione autentica. Autentica perché comportail dono di sé, superando così l’ambiguità della comunicazione umana in cui non si sa mai fino a che punto siano implicati soggetto e oggetto”.

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Esce oggi (12 sett 2012) in libreria l’ultimo volume del cardinale Carlo Maria Martini. Edito da Mondadori, s’intitola «Colti da stupore. Incontri con Gesù» (pagine 188, euro 16,00) e presenta alcune riflessioni inedite sui Vangeli, incentrate sulla figura di Gesù: si tratta di una serie di omelie, mai pubblicate, che il cardinal Martini ha tenuto negli ultimi anni a Gallarate. Il volume, curato da Damiano Modena, raccoglie, seguendo il calendario liturgico, quegli interventi che compongono così un  racconto della vita di Cristo, offrendo un messaggio non solo filosofico e teologico ma centrato sui valori più profondi e sugli atteggiamenti “più umani” della vita. Dal volume qui anticipiamo due brani: l’introduzione sul tema della comunicazione e l’omelia dedicata a «Pietro e i suoi successori».

«Il modello? Il dialogo misterioso nel sepolcro di Gesù»
Solitamente si dà della comunicazione una definizione empirica: comunicare è «dire qualcosa a qualcuno». Dove quel «qualcosa» si può allargare a livello planetario, attraverso il grande mondo della rete che è andato ad aggiungersi ai mezzi di comunicazione classici. Anche quel «qualcuno» ha subìto una crescita sul piano globale, al punto che gli uditori o i fruitori del messaggio in tempo reale non si possono nemmeno più calcolare. Questa concezione empirica, alla luce dell’odierno allargamento di prospettive, dove sempre più si comunica senza vedere il volto dell’altro, ha fatto emergere con chiarezza il problema maggiore della comunicazione, ossia il suo avvenire spesso solo esteriormente, mantenendosi sul piano delle nude informazioni, senza che colui che comunica e colui che riceve la comunicazione vi siano implicati più di tanto.

Per questo vorrei tentare di dare della comunicazione una descrizione «teologica», che parta cioè dal comunicarsi di Dio agli uomini, e lo vorrei fare enunciando qui alcune riflessioni che potrebbero servire per una nuova descrizione del fenomeno.

Nel sepolcro di Gesù, la notte di Pasqua, si compie il gesto di comunicazione più radicale di tutta la storia dell’umanità. Lo Spirito Santo, vivificando Gesù risorto, comunica al suo corpo la potenza stessa di Dio. Comunicandosi a Gesù, lo Spirito si comunica all’umanità intera e apre la via a ogni comunicazione autentica. Autentica perché comportail dono di sé, superando così l’ambiguità della comunicazione umana in cui non si sa mai fino a che punto siano implicati soggetto e oggetto.

La comunicazione sarà dunque anzitutto quella che il Padre fa di sé a Gesù, poi quella che Dio fa a ogni uomo e donna, quindi quella che noi ci facciamo reciprocamente sul modello di questa comunicazione divina. Lo Spirito Santo, che riceviamo grazie alla morte e resurrezione di Gesù e che ci fa vivere a imitazione di Gesù stesso, presiede in noi allo spirito di comunicazione. Egli pone in noi caratteristiche, quali la dedizione e l’amore per l’altro, che ci richiamano quelle del Verbo incarnato. Di qui potremmo dedurre alcune conclusioni su ogni nostro rapporto comunicativo.

Primo. Ogni nostra comunicazione ha alla radice la grande comunicazione che Dio ha fatto al mondo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo, attraverso la vita, morte e resurrezione di Gesù e la vita di Gesù stesso nella Chiesa. Si capisce perciò come i Libri sacri, che in sostanza parlano di questa comunicazione, siano opere di grande valore per la storia del pensiero umano. È vero che anche i libri di altre religioni possono essere ricchi di contenuto, ma questo è dovuto al fatto che sottostà a essi il dato fondamentale di Dio che si dona all’uomo.

Secondo. Ogni comunicazione deve tenere presente come fondante la grande comunicazione di Dio, capace di dare il ritmo e la misura giusti a ogni gesto comunicativo. Ne consegue che un gesto sarà tanto più comunicativo quanto non solo comunicherà informazioni, ma metterà in rapporto le persone. Ecco perché la comunicazione di una verità astratta, anche nella catechesi, appare carente rispetto alla piena comunicazione che si radica nel dono di Dio all’uomo.

Terzo. Ogni menzogna è un rifiuto di questa comunicazione. Quando ci affidiamo con coraggio all’imitazione di Gesù, sappiamo di essere anche veri e autentici. Quando ci distacchiamo da questo spirito, diveniamo opachi e non comunicanti.

Quarto. Anche la comunicazione nelle famiglie e nei gruppi dipende da questo modello. Essa non è soltanto trasmissione di ordini o proposta di regolamenti ma suppone una dedizione, un cuore che si dona e che quindi è capace di muovere il cuore degli altri.

Quinto. Anche la comunicazione nella Chiesa obbedisce a queste leggi. Essa non trasmette solo ordini e precetti, proibizioni o divieti. È scambio dei cuori nella grazia dello Spirito Santo. Perciò le sue caratteristiche sono la mutua fiducia, la parresia, la comprensione dell’altro, la misericordia.

Carlo Maria Martini

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1 Comment

  1. La nostra esistenza è quasi tutta vissuta fuori di noi stessi…ci siamo fatti travolgere troppo dai ritmi della vita, e dobbiamo riscoprire cosa significa leggere il Vangelo.Se è vero che la preghiera rappresenta l’incontro con Gesù, è assurdo il modo di pregare di molti di noi. Abbiamo preso una serie di ” abitudini sbagliate ” , cioè facciamo una preghiera superficiale, pronunciando delle parole meccanicamente e, questo è tutto sbagliato. Gesù, invece, ci esorta a non sprecare parole e ci spiega quanto la preghiera sia fatta di silenzio e di ascolto. In definitiva, la preghiera deve essere un colloquio fra due persone: Dio mi parla, e io gli parlo…cioè a dire una preghiera fatta con il cuore.


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