Niente e nessuno poteva prepararci alla vastità delle proporzioni del cambiamento che è avvenuto negli ultimi 150 anni, circa il modo in cui l’uomo vede la vita, il suo senso, il mondo, le relazioni umane e la stessa morte. E’ un cambiamento avvenuto una volta per sempre e offre al cristianesimo nuove frontiere ancora intatte e inesplorate, affascinanti e avventurose. Queste frontiere, ora, vanno varcate con la luce della fede.
(E.C.)
* * *
di Gaëlle Dupont – “Le Monde” del 2 novembre 2013
È un cambiamento di una rapidità fulminea per pratiche che risalgono alla notte dei tempi e che
costituiscono l’essenza delle società umane: i riti funerari. Mentre da migliaia di anni i morti
venivano inumati, la cremazione è diventata un fenomeno di massa in Francia nel giro di una
generazione. Oggi, il 32% dei defunti viene cremato (la parola “incenerire” è giudicata troppo
triviale dagli specialisti). La percentuale supera il 50% nelle grandi città. Secondo un sondaggio
Ipsos effettuato su 1009 persone per i servizi funerari della città di Parigi e pubblicato il 17 ottobre,
la maggioranza dei francesi desidera ricorrervi (il 53% contro il 47% a favore dell’inumazione).
Si tratta soprattutto di un’importante rottura antropologica. Come spiegare un cambiamento tanto
profondo e rapido? Il costo inferiore è una spiegazione molto parziale. La perdita d’influenza della
religione cattolica, che, contrariamente al protestantesimo, è legata alla permanenza del corpo dopo
la morte, è senza dubbio un fattore più importante. Lo testimonia il sondaggio Ipsos. I credenti e
praticanti preferiscono ampiamente l’inumazione (75%), mentre i non credenti e gli atei scelgono la
cremazione (69%). Quest’ultima è tuttavia tollerata dalla Chiesa cattolica dal 1963.
Altre evoluzioni delle mentalità sono parte di tale successo. “La nostra società idealizza il corpo di
cui si ha il dominio fino alla morte”, analizza François Michaud-Nérard, direttore dei servizi
funerari della città di Parigi. “E dopo, lo si lascerebbe marcire tra quattro assi?” “Il fuoco ha un
aspetto sterilizzante. È un modo di negare il cadavere e di liquidare l’immaginario della
decomposizione, conferma l’antropologo e professore all’università Paris-Descartes Jean-Didier
Urbain. I progressi della cremazione vanno di pari passo con la negazione della morte e della sua
realtà biologica”. Mentre è costantemente presente sugli schermi, la morte reale è sempre meno
tangibile: i corpi sono più raramente esposti, il lutto non viene più portato, per il linguaggio si
preferiscono eufemismi (si parla di dipartita, di scomparsa, ecc.).
I sostenitori della cremazione affermano di non voler pesare sui vivi. “Le persone vivono sempre
più a lungo, ma non in buona salute, decodifica Michaud.Nérard. Hanno l’impressione di essere un
peso e non vogliono più esserlo dopo la morte”.
Viene anche sostenuto l’argomento ecologico da parte di chi preferisce la cremazione, in maniera
paradossale, perché il fatto di bruciare il corpo sprigiona dei gas tossici, al punto che occorre dotare
i crematori di filtri. Anche le rotture familiari hanno il loro peso. “Non viviamo più nella Francia
dei villaggi, dove tutti i morti della famiglia erano nello stesso cimitero, non lontano dalle
abitazioni”, constata Patrick Baudry, professore di sociologia all’università di Bordeaux-Montaigne.
Come occuparsi di una tomba a Strasburgo se si vive a Bordeaux?
“iperindividualismo contemporaneo”
Per il filosofo e vicepresidente del Comitato nazionale d’etica funeraria Damien Le Guay, l’aumento
delle cremazioni testimonia più profondamente l’“iperindividualismo” contemporaneo. “Le esequie
avevano la funzione di assolvere a un debito simbolico verso coloro che non c’erano più, spiega.
Permettevano di inscriversi in una discendenza. Tale idea tende a scomparire. La gente si sente
meno debitrice verso le generazioni precedenti e meno responsabile della trasmissione a quelle
future. Si sente responsabile solo di se stessa e sciolta da ogni continuità”.
Assistiamo a un cambiamento che rafforza tale analisi: l’idea che ognuno deve farsi carico della
proprie esequie è sempre più presente. Ad esempio, il 44% delle persone interrogate da Ipsos ritiene
che spetta al futuro defunto pagare le spese dei funerali, contro il 35% che pensa che sia la famiglia
a doverlo fare. Tra i primi, circa il 31% desidera prevedere il loro finanziamento e il loro
svolgimento nei dettagli, il 33% solo il loro finanziamento, l’8% solo lo svolgimento.
Un cambiamento che può far problema. I funerali servono soprattutto ai vivi per superare il lutto e
le volontà del morto non corrispondono necessariamente a quelle dei parenti o delle persone a lui
vicine. Ora, la cremazione resta una violenza simbolica importante. Del resto, è scelta meno frequentemente quando i morti sono dei bambini (attorno al 30% contro il 48% in media, secondo
uno studio su più di 3000 esequie a Parigi).
“Nella cremazione, c’è un ‘accorciamento’ del tempo, spiega Marie-Frédérique Bacqué, psicologa e
presidente della Société de thanatologie (che raccoglie ricercatori specialisti). Passare da una
persona a due litri di cenere in poche ore, è difficile da sopportare. Un tempo, c’era qualche cosa
di più progressivo”. “Il disfacimento del morto e il processo del lutto andavano di pari passo”,
completa Le Guay.
tre milioni di persone in lutto ogni anno in Francia
Lo sviluppo della cremazione ha posto, per un certo tempo, il problema dello statuto delle ceneri,
che potevano essere portate a domicilio, col rischio di annullare la separazione tra vivi e morti
segnata dalla sepoltura e dal cimitero e indispensabile al lutto. Ormai, la conservazione a domicilio
è proibita e la dispersione regolamentata. Il fatto che le ceneri cominciano a seguire lo stesso
destino dei corpi è un segno che il bisogno di localizzazione dei morti resta importante. Secondo
uno studio realizzato al crematorio di Champigny-sur-Marne nel 2013, il 55% delle ceneri viene
inumato (in una tomba o in un colombario), contro il 16% disperso nel giardino del ricordo, e il
33% altrove.
Ormai, si pone anche il problema della celebrazione dei funerali. “La povertà di cerimonie di certe
cremazioni è stupefacente”, afferma Le Guay. Ma il tema è ancora più ampio. Che cosa fare quando
il rito non viene più affidato alla Chiesa? Tra i francesi, il bisogno di cerimonia resta forte (il 75% la
desidera per se stesso, il 77% per i propri cari). Secondo gli osservatori, sono stati effettuati dei
progressi notevoli dalle imprese di pompe funebri nel caso di cremazioni. Ma i luoghi restano
impersonali e l’organizzazione dipende molto dal coinvolgimento della famiglia. “Non è facile
inventare dei riti”, sottolinea Urbain.
“Una società deve preoccuparsi dei riti funerari, perché hanno un effetto sulla salute psichica,
avverte Baudry. Una cerimonia sbrigata alla bell’e meglio può essere fonte di lutti complicati”.
Secondo lui, le collettività locali sono le prime a doversene far carico, ma non solo: “Anche gli
architetti, i paesaggisti, gli artisti dovrebbero essere coinvolti”. Le Guay si appella ai rappresentanti
eletti a livello nazionale, non per legiferare, ma per stilare una carta etica. “L’argomento riguarda
500 000 persone ogni anno, e 3 milioni di persone in lutto, afferma. È troppo importante per essere
lasciato agli operatori funerari e al libero gioco del mercato”.
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