“Possiamo lavorare nella vigna del Signore con risentimento e infastiditi. Possiamo promettere di andare e poi non ci presentiamo. Oppure possiamo ascoltare la voce del cuore e comprendere la bellezza e la profondità di ciò che c’è in gioco quando il Signore ci chiama a lavorarci. E’ qui che la nostra vita si trasforma. Tutto cambia. E’ da qui che si diffonde il Regno di Dio“.
Commento al vangelo della XXVI domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Ascolta l’audio del Vangelo QUI.
Nella parabola di oggi, due figli sono inviati da loro padre a lavorare nella vigna. Il primo si rifiuta di andare: poi ci ripensa e va. Il secondo mente: promette che andrà ma poi non si presenta. Gesù indica il primo come colui che, tra i due, ha fatto la volontà del padreE. Chiediamoci perché.
L’atteggiamento iniziale di entrambi i figli è scorretto e irriverente verso il padre. E potrebbe essere scorretto, in entrambi, anche dopo che il primo cambia idea e va. Perché cambiare idea su qualcosa che non si ha voglia di fare e poi finire per farlo con un cuore pesante risentito è distruttivo quanto promettere di andare e poi non presentarsi affatto.
In qualche modo, il nostro mondo e la Chiesa sembrano un po’ lo specchio di questa situazione. Risucchiati dai problemi della vita, quando si tratta di metterci in gioco e dare un impegno per il bene della comunità civile oppure anche ecclesiale, il primo istinto è quello di scappare prima che qualcuno ci un impegno. E se ci hanno incastrato e non possiamo dire di no, lo facciamo ma non vediamo l’ora di finire.
Anche per questo la nostra società sta attraversando una profonda crisi epocale di cui non vediamo la via d’uscita.
C’è, però, una ragione per cui Gesù afferma che il primo fratello ha fatto la volontà del padre. Di lui si dice che “si pentì e andò” nella vigna. È la conversione la chiave per comprendere il messaggio di Gesù. Il primo fratello non voleva andare nella vigna. Ma si pente. Si converte. In altre parole, riflette in profondità sul significato che quella vigna ha per il padre, riflette sul padre e su ciò che sta veramente a cuore e, aprendo il proprio cuore, cambia la sua visione sulle cose, sulla vigna, sul Padre, sul senso del suo essere figlio e allo stesso tempo “chiamato”.
Nelle ultime due domeniche il vangelo ha usato la simbologia della vigna, che rappresenta il Regno di Dio. Tutti noi siamo chiamati, nella dignità di figli, a partecipare alla gioia del Padre che vuole espandere il Regno di Dio nel mondo e si serve delle nostre vite. Noi possiamo scegliere di promettere di andare e poi non presentarci. Possiamo presentarci ma con il risentimento di chi non ne aveva voglia. Oppure possiamo ascoltare la voce del cuore e comprendere la bellezza e la profondità di ciò che c’è in gioco quando il Signore ci chiama a lavorarci. E’ qui che la nostra vita si trasforma. Tutto cambia. E’ da qui che si diffonde il Regno di Dio“.
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“Signore,
fa che oltre al mio errore
senta il Tuo amore dirmi: figlio.
Fai del mio cuore,
il luogo dove possa incontrarti
e mi senta amato profondamente,
non perché non ho mai sbagliato,
ma perché il tuo amore supera il mio peccato.
Io mi pento, e non posso tornare indietro
e allora andrò avanti,
avanti perché mi ami,
avanti grazie al tuo amore
e lascerò indietro il mio peccato ed il suo dolore.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
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