Il Regno di Dio e la parabola dei vignaioli assassini. Cos’è lo “spirito assassino” nella Chiesa?

Si è assassini ogni qualvolta si ignora, per pura indifferenza, oppure si soffoca deliberatamente, nel cuore dell’uomo, il naturale anelito di Dio e gli si impedisce di sperimentare il suo amore. Ogni qualvolta un cristiano agisce così, per gelosia, per indifferenza, per ambizione, per invidia, ha nuovamente ucciso il Figlio di Dio“.

Commento al vangelo della XXVII domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Ascolta il vangelo in formato audio   QUI.

La parabola di oggi, per la terza domenica consecutiva, usa l’immagine della vigna, simbolo del Regno di Dio. Lavorare nella vigna del Signore significa far crescere il Regno di Dio. Significa vivere cristianamente, producendo con la propria vita quei frutti di pace, giustizia e gioia nello Spirito che sono il segno distintivo del Regno di Dio che si espande nei cuori.

La tragica conclusione di questa parabola è l’omicidio del figlio del padrone della vigna, che rappresenta Gesù, il Figlio di Dio, rifiutato dal suo popolo e messo a morte. L’omicidio nasce dall’odio, di cui è la più brutale manifestazione. Nasce anche da una profonda ingratitudine verso la verità che tutto quello che noi siamo, lo dobbiamo a Dio.

Ma in che modo noi stiamo in relazione con gli omicidi della parabola, noi che, in fondo, siamo discepoli di Gesù? Nel misterioso svolgersi dei disegni di Dio, si è assassini ogni qualvolta si ignora, per indifferenza, oppure si soffoca deliberatamente, nel cuore dell’uomo, il suo naturale anelito di Dio. Questo vale per tutti i credenti. E non sono esenti da responsabilità i credenti che si dichiarano non praticanti.

Si è assassini quando ci si impossessa della Chiesa per ambizione di potere, quando ci si chiude in fazioni, ognuna con un capo e si decide chi entra e chi no. Si è assassini quando, sbarrando la strada a chi voleva legittimamente entrare, questi perdono la speranza e se ne vanno, scandalizzati dalla cattiva testimonianza e senza aver sentito una sola parola che gli parli di Gesù. Ogni qualvolta un cristiano agisce così, ha nuovamente ucciso il Figlio di Dio.

Ma forse la nostra responsabilità più grande è questa: vivere la fede solo in funzione per noi stessi, se mai possiamo dire che ciò sia possibile. È il peccato dell’indifferenza, col quale noi semplicemente non sentiamo alcun bisogno di parlare di Dio ad alcuno né fare nulla per avvicinarlo a Dio.

San Paolo ci offre una bellissima esportazione come antidoto allo spirito del male: “quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri”.

Questi valori, vissuti nella vita, ci rendono operai che lavorano per espandere il regno di Dio.

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