Dalla voce interiore che parla ad Abramo alla Trasfigurazione sul monte Tabor. Dio si manifesta in molti modi all’anima inquieta che lo cerca

Noi siamo cercatori di verità. È la nostra natura. Noi cerchiamo, ci affatichiamo, a volte ci aggrovigliamo nei lacci della vita, restiamo prigionieri delle ragnatele mentali nelle quali ci siamo cacciati. Ma c’è una voce interiore che parla dentro di noi, come con Abramo. Resisterle è morire lentamente. Ascoltarla è rinascere lentamente a un nuovo livello di esistenza“.

Commento alle letture della II Domenica di Quaresima – Anno B

Leggi la Parola di Dio di questa domenica QUI.

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Una delle verità più profonde della vita cristiana è che la nostra esistenza è profondamente innestata dentro l’intera vicenda divino-umana di Gesù. Noi siamo totalmente, e in ogni momento, avvolti dall’amore infinito di Dio e non c’è una sola vicenda, un solo episodio della vita terrena di Gesù in cui noi non siamo presenti e protagonisti insieme a Gesù stesso e ai vari personaggi che vi appaiono.

Purtroppo, non sempre questa verità illumina la nostra mente e tendiamo a vedere Dio come l’essere supremo, buono, compassionevole, ma che sta “altrove” rispetto a noi e alle nostre necessità. E questo finisce per generare una fede sincera ma fioca, una distanza fra noi e Dio. Tutta l’opera di Gesù è orientata a rivelare a Israele che quella distanza non esiste, che è il frutto di un nostro modo di vivere la fede.

Il cammino della vita è fatto di ricerca. Questo è ciò che accomuna tutti gli esseri umani. Abbiamo bisogno di sapere che, quando ce ne saremo andati da questo mondo, la nostra vita non sarà stata inutile, che non abbiamo vissuto invano, che abbiamo avuto un senso, che la sofferenza sopportata è servita a qualcosa, è stata, in qualche modo, feconda.

Noi cerchiamo, ci affatichiamo, a volte ci aggrovigliamo nei lacci della vita, e nel tentativo di migliorare le cose, può capitare che abbiamo la sensazione di essere intrappolati come dentro una tela di ragno. E, come sappiamo, più ci si dimena nella tela del ragno, più quella tela stritola la sua vittima.

Abramo era un cercatore di Dio. Egli, ascoltando una voce interiore che gli chiede di lasciare tutto, si decide e parte per un viaggio che non sarà solo alla scoperta di sé stesso ma della sorgente della voce stessa che gli parlava. Ma il viaggio sarà lungo, costellato di prove e Abramo dovrà dare prova della sua fedeltà a quella voce.

Noi, presi dal clamore della vita, probabilmente quella voce non la sentiamo neanche dentro di noi. Ma non possiamo negare a noi stessi che in noi vi è una spinta ad andare oltre il clamore nauseabondo di questo mondo e di trovare riposo e pace.
Ogni discepolo fa esperienza del suo incontro con Dio in modo diverso e personale. A Pietro, Giacomo e Giovanni Gesù si rivela, cambiando di aspetto, diventando luce, in mezzo alle due massime figure dell’Antico Testamento. Egli, per chi lo vuole accettare, è la luce stessa del Dio glorioso, colui che entra nello scoraggiamento dei discepoli stanchi e demotivati e dona nuova forza e nuova speranza.

Il Figlio di Dio che splende in mezzo a noi chiede di liberarci dal nostro tepore e di compiere il miracolo di trasfigurare il mondo, di dare una nuova “figura” e “sostanza” a un mondo morente, un mondo soffre le doglie del parto perché sta tentando di generare una nuova realtà di sé stessa, una nuova umanità. È la realtà del Regno di Dio che si dilata nei cuori e nella storia umana.

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