Nella foto, il Card. Tonini, di venerata memoria, e il vescovo Mons. Domenico Graziani.
Due cari amici, due pastori innamorati di Dio, della Chiesa e della gente. (E.C.)
Marina Corradi – Copyright 2013 © Avvenire 28 luglio 2013
Ersilio Tonini, cardinale e arcivescovo emerito di Ravenna. era nato il 20 luglio 1914 a Centovera di San Giorgio Piacentino, figlio contadini: suo padre Cesare era capobracciante in una grande cascina. Pochi giorni fa aveva dunque compiuto 99 anni, e ancora ricevendo i giornalisti, benché costretto a letto da alcune settimane. E’ morto questa notte alle due, nel suo letto all’Opera Santa Teresa, dove alloggiava fin da quando, nominato a Ravenna, aveva rinunciato allo splendido palazzo apostolico per lasciarlo a una comunità di tossicodipendenti sulla via del recupero. Non era malato, spiegano al Santa Teresa, “ma semplicemente aveva 99 anni”. Dei quali ben 76 di sacerdozio, un primato difficilmente eguagliabile. La fede trasmessagli dalla madre Celestina, amatissima, scaturisce infatti in una vocazione precoce: a 11 anni Tonini entra in seminario. L’ordinazione è del 18 aprile 1937, a neppure ventitré anni. Studia Diritto civile e canonico alla Lateranense, a Roma. (Il diritto, e in particolare i suoi fondamenti, cioè il diritto romano, rimangono sempre una sua passione; affascinato com’è dal primo organizzarsi della comunità degli uomini, in cui intravede l’impronta di un anelito a una originaria giustizia). Assistente della Fuci – gli universitari cattolici – negli anni giovanili, dal 1953 è parroco a Salsomaggiore. Fin da allora ha un vivo interesse per il giornalismo, e dirige giornali diocesani (agli amici confida: se non fossi diventato sacerdote, senz’altro avrei fatto il giornalista).
E’ Paolo VI, nel 1969, a nominarlo vescovo di Macerata e Tolentino. Sei anni dopo Tonini viene spostato a Ravenna-Cervia. Sceglie, come si è detto, di vivere al Santa Teresa, una sorta di cuore della carità della Romagna che accoglie i vecchi e i disabili.
Conoscendo la sua profonda passione per la comunicazione, Paolo VI nel 1978 lo vuole presidente del Consiglio di amministrazione della NEI, la società editrice di «Avvenire». E ancora pochi giorni prima della sua morte, Montini gli affida anche i mezzi materiali necessari per dare nuovo vigore al quotidiano cattolico. Nello stesso anno, grazie all’opera di Tonini, può riaprire le sue porte il seminario ravennate, che aveva chiuso nel periodo più aspro della contestazione, che aveva investito il ruolo stesso del sacerdote nella Chiesa.
Nel 1986 Tonini accoglie Giovanni Paolo II nella sua visita apostolica in Romagna. Nel settembre ’90, raggiunta l’età di 76 anni, l’arcivescovo rassegna le dimissioni, ma rimane a vivere al Santa Teresa e scrive ai ravennati: “Permettetemi di continuare ad amarvi”, parole che restano impresse nel cuore della città. Sempre in quegli anni si appassiona alla causa degli indios della foresta amazzonica minacciati dalle multinazionali dell’esproprio delle loro terre. Con la campagna “Uma vaca para o indios”, cui dà il suo contributo anche il Papa, si propone di fermare l’annientamento delle comunità indios, giacché per legge in Amazzonia non si può espropriare il terreno adibito a pascolo.
Nel febbraio ’91 lo stesso Giovanni Paolo II, cui ormai lo unisce un intenso rapporto, lo chiama a predicare gli Esercizi spirituali per la Curia romana. L’amicizia e la collaborazione televisiva con Enzo Biagi ne “I dieci comandamenti” lo rendono molto popolare al grande pubblico italiano.
Nel 1994 Giovanni Paolo II lo nomina cardinale. Anche allora Tonini resta l’uomo semplice di sempre, appassionato al destino degli uomini, lettore, ogni mattina, di numerosi quotidiani anche stranieri. Si impegna sui temi della bioetica e della fecondazione artificiale, che ritiene la frontiera di un “mondo nuovo” che la Chiesa non può trascurare; scrive su “Avvenire”, collabora a riviste, appare spesso in tv a dare il suo contributo al dibattito pubblico: con un accento raro e inconfondibile di pietas cristiana, sempre pronta a abbracciare nella misericordia più che a condannare.
E’ ciò che il cardinale continua a fare fino agli ultimi mesi di vita. Ancora il 20 luglio scorso, nel giorno del suo 99esimo compleanno, dialoga con i giornalisti venuti a incontrarlo, scambia battute e fa raccomandazioni. Erede e testimone fino all’ultimo di una grande tradizione popolare cristiana; principe della Chiesa con in fondo al cuore un’ansia di annuncio di verità e giustizia, che sta alla radice della stessa missione.
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