I simboli dell’Avvento: significato e invito alle coscienze

Il Natale è del Signore che viene a salvare il mondo, non dei centri commerciali. Purtroppo l’invasione del Natale commerciale, dell’iper-consumo e dell’egoismo ha oscurato, nei cuori di molti, il senso più umano e divino del Natale.

Si va diffondendo l’usanza di costruire, nei luoghi pubblici, “presepi” senza Gesù, fatti solo di paesaggi innevati e qualche personaggio dal movimento meccanizzato, per fare da attrazione ai bambini. Sempre più nelle scuole si fanno discussioni infinite sulla laicità dello Stato e si arriva a bandisce il Natale nel suo significato cristiano, dietro il paravento del “rispetto per tutte le religioni” (tranne quella cristiana) e si suggeriscono alternative grottesche come la “festa della luce”).

Eppure, il senso dell’attesa proprio del tempo di Avvento rimane iscritto, indelebile, nel cuore di tutti perché, mentre si cede alla deriva nichilista e consumista di un Natale senza Dio, cresce, anche inconsapevolmente, proprio in questo tempo, il desiderio di un mondo migliore per tutti e della pace universale. E se noi cristiani, per primi, provassimo a riscoprire i simboli di questo tempo e a viverli con maggiore profondità e consapevolezza?

E.C.

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Il tempo dell’attesa e la certezza della presenza

Una riflessione sui segni liturgici che caratterizzano il tempo di Avvento

di padre Giuseppe Midili, o.carm.,
direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma

12 dicembre 2012 (ZENIT.org)

Il tempo di Avvento, che è già iniziato da qualche giorno, è tempo di attesa, di conversione e di speranza. La società contemporanea ci ha abituati a percepire questo periodo solo come preparazione alla memoria liturgica del 25 dicembre, nel quale si celebra la venuta del Signore Gesù nella storia.

L’avvento però racchiude in sé una valenza di preparazione al ritorno glorioso del Signore alla fine dei tempi. Egli verrà per giudicare e restaurare quel regno di giustizia e di pace, di cui ci parlano i profeti. Non siamo solo in cammino verso il giorno in cui si celebra la nascita del Salvatore, noi viviamo in attesa del suo ritorno, in un giorno che non conosciamo. Per questo motivo risuona spesso nella Chiesa l’invito alla conversione, come atteggiamento di preparazione alla sua venuta.

Ogni anno la Comunità cristiana vive questo tempo nella vigilanza, pronta ad accogliere lo Sposo che arriva all’improvviso. La liturgia di questi giorni ci riempie il cuore di speranza: la sua venuta nella carne ci offre la certezza che Gesù tornerà nella gloria, verrà a portarci la salvezza e noi lo vedremo così come egli è (cfr. 1 Gv 3,2).

Il colore liturgico: viola

La Chiesa usa in questi giorni il colore liturgico viola, che esprime l’attesa e la penitenza, e ripete costantemente la medesima invocazione: Vieni, Signore Gesù!

L’ invocazione: Vieni, Signore Gesù!

Questa invocazione, vieni, rivolta dalla Comunità radunata al suo Signore, non si riferisce all’imminente celebrazione liturgica del Natale, ma indica la presenza del Signore attraverso i Sacramenti, specialmente l’Eucaristia, in cui Gesù si fa nostro cibo e diventa parte di noi.

La parola Maranathà (Vieni, Signore Gesù!)

Maranathà nel contesto della liturgia di Avvento si riferisce specialmente al ritorno del Messia nella gloria, per restaurare il suo Regno, asciugare ogni lacrima e consolare ogni sofferenza. Vieni Signore, invoca la Chiesa nella celebrazione eucaristica ogni giorno dopo il Padre nostro: Nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore. La comunità cristiana vive in una dimensione di perenne contemplazione, volgendo la speranza verso i cieli nuovi e la terra nuova che il Signore viene a instaurare.

Vieni Signore, invoca di nuovo la Chiesa in questo tempo di Avvento, non come giudice che punisce, vieni, come ti videro i discepoli, Risorto, per mostrarci ancora una volta il tuo volto amorevole, le tue mani trafitte per noi, il tuo cuore che ci ama. La prima venuta nella carne e la manifestazione ai discepoli dopo la Pasqua sono il fondamento di una grande certezza: il Signore tornerà alla fine dei tempi.

La corona d’Avvento

Nelle case e nelle comunità parrocchiali si sta diffondendo sempre più l’abitudine di preparare in questo tempo liturgico un segno visibile dell’attesa. Una corona di rami sempre verdi, su cui si dispongono quattro ceri: la corona di avvento. Con il suo progressivo illuminarsi, domenica dopo domenica fino al giorno di Natale, è il segno di un cammino percorso nella vigilanza, espressa dalle candele accese.

I rami e la loro fragranza di resina profumata sono il segno della vitalità della Chiesa e testimoniano il desiderio e l’entusiasmo con cui la comunità attende il suo Signore. La forma circolare è sempre stata sin dall’antichità l’immagine della vita eterna. La corona rappresenta l’eternità in pienezza, un itinerario senza divenire e senza crescita, opposto all’idea di una trasformazione progressiva, perché simbolo dell’eterno e del divino. Il cerchio ritorna sempre in se stesso e nel contempo è in tensione in ogni direzione.

Il presepe

Certamente è molto più diffusa l’abitudine di allestire in casa o per le strade la scena della natività. Il presepe, scaturito da una lettura attenta dei testi evangelici, raffigura in modo plastico ciò che accadde al momento della nascita del Salvatore. Permette a tutti, specialmente ai più piccoli, di ricostruire nella propria mente gli avvenimenti storici dell’incarnazione.

Tuttavia il presepe non può ridursi all’esposizione artistica di alcune figure in un angolo della casa. Acquista significato nella misura in cui diviene vero polo di attrazione per la famiglia, spazio di preghiera intorno a cui adulti e bambini innalzano una preghiera speciale, in attesa della nascita del Salvatore.

La novena di Natale

La novena in preparazione al Natale, preparata utilizzando le antifone maggiori e alcuni inni o salmi proposti nella Liturgia delle Ore, deve assumere la valenza di una preghiera familiare e domestica, che ha il potere di educare i più piccoli e di confermare tutti nella fede.

L’albero

La tradizione di ornare anche un abete con luci e sfere colorate vuol esprimere un atteggiamento di gioiosa attesa e racchiude in sé la valenza di “albero dei doni”. I colori e le luci, infatti, indicano la molteplicità di carismi che abbiamo ricevuto da Dio nella nostra vita: diversi gli uni dagli altri, ma tutti belli, risplendenti, luminosi. Ai piedi di questo albero troveranno posto alcuni regali, che vogliono esprimere l’amore vicendevole tra i membri della famiglia e verso gli amici…

I doni

Quanta gioia porta un dono che è frutto di attenzione e cura, preparato amorevolmente, piuttosto che acquistato frettolosamente come obbligo. Ogni pacchetto pensato per gli altri deve contenere qualcosa che ci caratterizza, che è frutto dell’abilità delle nostre mani, della creatività della nostra mente. Non importa il valore economico o commerciale che racchiude, deve invece esprimere la sensibilità e l’amore di cui ciascuno è capace. Infine, se alla base dell’albero ci saranno doni che sono segno d’amore, non potremo dimenticare chi vive senza il calore di una famiglia, di una casa.

Questo non perché è Natale, ma perché il Signore viene per cambiare il mondo. E quel cambiamento lo opera attraverso di noi, attraverso il tanto bene che noi possiamo operare ogni giorno. Anche per queste persone prepareremo qualcosa che è frutto delle nostre mani, che esprime la nostra cura, la nostra attenzione e il nostro affetto. Sarà l’inizio di un percorso di donazione e di amorevole carità, che proseguirà

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