“Oggi l’immagine della pecorella ridotta a simbolo di stupidità e sottomissione. I “lupi” e i mercenari sono celebrati come dei modelli. Gli uni, perché segono soltanto la loro natura di predatori. Gli altri, perché hanno capito come gira il mondo e sanno approfittarne. E in questa società bisogna farsi predatore. Chi si fa pecora viene divorato dal lupo. A farne le spese è l’immagine del pastore che rappresenterebbe il rendering di un Dio che fa con gli uomini ciò che il pastore fa con le pecore: le compra, le vende, le manda al macello. E’ questo ciò che rende affascinante la riscoperta dell’immagine biblica di Gesù, il “Buon” Pastore”. Dentro la sua figura c’è un intero mondo da scoprire”.
Commento al vangelo della IV Domenica di Pasqua – Anno B
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Nel cammino del tempo pasquale siamo arrivati alla domenica del “Buon Pastore”. L’immagine la conosciamo. È quella di Gesù che tiene sulle spalle un agnello e lo tratta con intimità.
Noi, però, viviamo in un mondo dove una cultura sempre più aggressiva mira a screditare l’immagine delle pecore e del gregge e a premiare quella del lupo. Il destino delle pecore è il macello. Il lupo segue soltanto la sua natura. In questo modo si rovescia una simbologia che voleva comunicare ben altro, col risultato di fare apparire i cristiani come pecore, cioè senza un pensiero proprio e Dio come il Dominatore che controlla il pensiero del suo gregge, sottomesso e passivo.
Il messaggio di Gesù è un altro. Attingendo alla vita del suo tempo, egli sceglie le pecore come simbolo di mansuetudine e di disponibilità ad accogliere la protezione del pastore.
E Gesù è il Pastore. E il “Buon” Pastore. Il suo rapporto con le pecore non è di profitto né di sottomissione. È un rapporto di tenerezza, di intimità, di bontà. Il Buon Pastore non manda al macello le sue pecore ma piuttosto offre la sua vita perché le pecore siano salvate. In questo modo Gesù esce dalla struttura “naturale” delle cose e fa capire che le pecore sono proprio coloro che, con amore e riconoscenza, hanno accolto Dio come Padre e hanno riconosciuto l’amore del Figlio. Di lui si fidano e a lui rimettono la loro intera esistenza, conservando la forza della loro individualità. Essi riconoscono la voce del Pastore come voce di Dio che li ha chiamati in esistenza.
Oggi siamo noi che, nella potenza del Cristo risorto, abbiamo il compito di essere, in un mondo di lupi e predatori, immagine del Buon Pastore che si espongono per proteggere la vita dei più deboli.
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