“Mai, nel cuore del cristiano, può mancare il desiderio del perdono, anche quando se ne sperimenta l’incapacità“.
Commento al vangelo della XXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
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Perdonare 70 volte 7 significa vivere con l’animo permanentemente predisposto a riabbracciare il prossimo, senza “se” e senza “ma”. È questa predisposizione che deve essere permanente. Il cammino per arrivare al gesto materiale del perdono può essere, invece, piuttosto lungo. Mai, nel cuore del cristiano, può mancare il desiderio del perdono, anche quando se ne sperimenta l’incapacità. Nessuna giustificazione, razionale per quanto razionale e fondata possa sembrare, può mai giustificare il rifiuto di perdonare. Gesù è stato estremamente chiaro e le ragioni del suo discorso affondano le radici nel mistero dell’amore infinito di Dio, perché tutti siamo figli. Nessuno ha diritti di stabilire davanti a Dio chi è figlio e chi non lo è. La verità è che noi siamo, nella nostra realtà più intima e vera, dei “perdonati”.
Il cristiano perdona non per puro senso di dovere morale ma perché egli sa che tutto quello che è, quello che ha ricevuto dalla vita, il dono della vita stessa, tutto gli è stato dato a partire da un atto di perdono di Dio che si è riversato su di lui nel sangue di Cristo sulla croce, il quale ha pagato per noi all’eterno Padre il debito di Adamo.
Al livello dell’interiorità il perdono non sempre è un gesto immediato. A volte le ferite inflitte possono liberare la furia di quei demoni che noi credevamo aver silenziato per sempre.
Altre volte può succedere che ci si accorge che si ha bisogno di intraprendere un cammino per ricostruire sé stessi, perdonare sé stessi, amare sé stessi, perché nessun perdono è possibile se si è in guerra con sé stessi. Solo quando si è fatto questo percorso i rancori e gli odi si spengono da soli.
Quanto al perdono e alla riconciliazione, esse non sono esattamente la stessa cosa e non vanno confuse, ma l’uno porta all’altra. Un certo pressapochismo e una buona dose di moralismo hanno portato a non recepire, in senso cristiano, il discorso di Gesù sul perdono, e dunque, sulla riconciliazione. La riconciliazione comporta quel lento cammino, a passi progressivi, di ricostruzione della fiducia l’uno nell’altro, che può durare anche molto tempo e culmina nell’abbraccio del reciproco ritrovarsi. A volte, tra le due parti, uno è disposto a perdonare e l’altro rimane chiuso nelle sue ragioni, nel suo rancore. In tal caso, chi è mosso dal desiderio di perdono, lo darà nel silenzio del cuore e nell’attesa paziente del desiderio dell’altro di ricevere, un giorno, l’abbraccio del perdono.
Allo stesso tempo, dobbiamo fare i conti, con realismo e senza rinunciare all’invito di Gesù, che tra le parti coinvolte in una rottura, con conseguente allontanamento, una delle due parti non voglia accettare offerte di perdono, né vuole darne, e che, pertanto, quella rottura possa diventare permanente. In tal caso, nulla ci impedisce di amare e perdonare chi ci ha ferito nel silenzio del nostro cuore. Dobbiamo capire che il padre misericordioso, nella parabola omonima, ha accolto a braccia aperte il figlio e gli ha concesso la pienezza del perdono perché il figlio si era pentito del male fatto al padre, era tormentato dal rimorso e desiderava il suo abbraccio. Il perdono va dato, 70 volte sette. Ma il perdono va chiesto. E per chiederlo occorre il pentimento del male fatto. Se invece di pentirsi del male ci si vanta di averlo fatto, non vi sono le condizioni per una riconciliazione, ma vi è sempre spazio per il perdone del cuore.
Piuttosto non deve capitare che siamo noi, in nome della nostra ragione, a chiuderci nella superbia e rifiutare il perdono che ci viene chiesto. Dobbiamo ricordare che per perdonare titti dobbiamo essere disposti, sempre, a “morire” a qualcosa dentro di sé (l’orgoglio e il giudizio) e rinascere nella grazia redentrice del Signore Gesù.
Gesù dice: “Perdonate. E sarete perdonati”. E alla domanda di Pietro dirà: “Non devi perdonare fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”.
Chi ama Cristo trova la forza per compiere questo pellegrinaggio dall’odio all’amore ritrovato. Chi rimane nel proprio odio distrugge sé stesso. Chi non è in pace con sé stesso può mettersi tutte le maschere che vuole. Sarà sempre in guerra con sé stesso e col mondo.