Venite con me, in disparte, e riposatevi un po’. La bellezza interiore di Gesù che non ha confini

C’è, però, quello sguardo di Gesù, che si sveglia nel cuore della notte, ci lascia dormire ancora qualche ora, come chi si alza in silenzio per non svegliarci bruscamente, e guarda. E vede. Vede gli uomini e le donne di ogni tempo, confusi, dispersi, in cerca di una bussola, di un punto fermo, in cerca di Dio. Nessuno si prende cura di loro. Lo farà lui. Dio si prenderà cura dei suoi figli“.

Commento al vangelo della XVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

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Tre momenti caratterizzano il racconto evangelico di questa domenica. Il primo è l’invito di Gesù a portare gli apostoli in un luogo per riposare. Qui Gesù si rivolge solo agli apostoli. È il segno della sua grande compassione per coloro che hanno dato la vita per un solo scopo: edificare il Regno di Dio sulla terra e seguire Gesù ovunque egli desideri portarci.

Chissà come sarebbe stato per gli apostoli, stare con Gesù, dopo il tramonto, seduti nell’erba appoggiati a un albero, alla fine di una giornata intensa di incontri, di predicazione, anche di gestione delle incomprensioni e degli scontri. E immagino il più piccolo degli apostoli, Giovanni, addormentarsi, sfinito sulla spalla di Gesù. “Venite con me, in disparte, e riposatevi un po’. Sono parole bellissime.

La verità è che Gesù è il nostro riposo. In lui troviamo la quiete della mente, l’equilibrio delle emozioni e la pace dell’anima. Non si tratta di un egoistico quieto vivere, indifferente alla sofferenza degli altri ma di una pace profonda che ricarica le energie spirituali e le motivazioni per vivere un’altra giornata di missione”. Questo riposo non è offerto solo agli apostoli. È per tutti noi. “Cristo è la nostra pace”, afferma l’apostolo Paolo.

In contrasto con questa immagine rasserenante c’è quella della folla, carica dei suoi drammi, delle lacrime e della ricerca di una speranza che stenta ad affacciarsi, tutti che cercano Gesù, dov’è Gesù, nella speranza che lui, in un atto di misericordia, voglia concedere almeno a qualcuno una guarigione, il dono della salute restituita, o un po’ di tregua davanti al mare di debiti in cui le famiglie si trovavano per pagare le tasse ai romani.

C’è questa ricerca di pace delle folle che apre gli occhi a un nuovo modo di guardare anche l’umanità del nostro tempo.

Nei cuori di troppa gente e di interi popoli manca la pace. Anzi, se interpretiamo bene le vicende di queste ultime settimane, in Europa, in America, ci accorgiamo che cominciano a soffiare i primi venti di nuove guerre, mentre ci viene promesso: non vi preoccupate. Non succederà nulla. Quante bugie dobbiamo ingoiare ancora? Quanti venditori di false promesse dobbiamo ancora sopportare?

Torniamo allo sguardo di Gesù, che vede le folle disperate. Vede l’agitarsi dei popoli del nostro tempo. Nessuno si prende più cura del futuro dei nostri bambini. Nessuno si prende cura della pace, di quella tra i popoli e di quella del cuore. E la gente è avvilita. Non ce la fa più. Non ce la fa più neanche a sperare.

C’è, però, quello sguardo di Gesù, che si sveglia nel cuore della notte, si alza in silenzio per non svegliare bruscamente i discepoli che dormono. E vede. Vede gli uomini e le donne di ogni tempo, confusi, dispersi, in cerca di una bussola, di un punto fermo, in cerca di Dio. Nessuno si prende cura di loro. Lo farà lui. Dio si prenderà cura dei suoi figli.

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