Gesù e il teatro della vita mascherata dei farisei di ogni tempo e categoria. Lo scontro sulle tradizioni.

Ipocrita, al tempo di Gesù, indicava le maschere degli attori di teatro. Nel linguaggio comune la parola aveva assunto il significato di: commedianti, mascherati, cioè incapaci di metterci la faccia nelle cose che contano davvero davanti a Dio. Gesù chiama ipocriti i farisei che osservano l’esteriorità della legge per apparire in regola con Dio mentre nascondono, dietro la maschera del loro perbenismo, un mondo di sporcizia

Commento al vangelo della XXII domenica del Tempo Ordinario – Anno B

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Nel vangelo di domenica scorsa, al termine del discorso sul Pane della Vita, abbiamo visto Gesù avere una reazione dura, tanto che viene abbandonato quasi da tutti, tranne gli apostoli. È un momento di crisi nel ministero di Gesù e nella vita della comunità che si stava formando attorno a lui.

Oggi troviamo Gesù davanti a un nuovo scontro. Questa volta non col popolo o con i suoi stessi discepoli ma con i con i farisei.

Essi rimproverano Gesù perché i suoi discepoli si erano seduti a mangiare senza lavarsi le mani. Non si trattava solo di una questione igienica. Era una questione rituale e legale. Il senso di lavarsi le mani prima dei pasti era togliersi l’impurità che si contraeva andando al mercato o comunque fuori, perché il mondo era visto come un luogo di peccato. Non lavarsi le mani e le braccia, dunque, era considerato un vero e proprio peccato, che rendeva impuri e così, da impuri, quelle persone dovevano essere trattate.

La reazione di Gesù è, ancora una volta, dura. Chiama i farisei “ipocriti”. [La parola “ipocrita”, a quel tempo, indicava le maschere degli attori di teatro. Per cui dire: “ipocrita” significava dire teatranti, commedianti, mascherati, incapaci di metterci la faccia nelle cose che contano davvero davanti a Dio, gente nascosta dietro la maschera del potere, gente meschina].

Gesù e i suoi discepoli, per i farisei, erano impuri, non venivano da Dio, non appartenevano a Lui perché, secondo loro, erano ribelli alla tradizione.

Gesù afferma che il peccato vero nasce nel cuore, esce dalla bocca e viene alla luce, non al contrario. Non è l’osservanza esteriore delle tradizioni che rende l’uomo gradito a Dio o puro o impuro, quanto piuttosto una vita vissuta nell’amore e per amore. È questo ciò che Dio vuole. Quante ribellioni, e quante ferite inflitte, col pretesto di denunciare che si tolgono le tradizioni. Poi, se si sta ad ascoltare, scopriamo che per tradizioni la gente comune intende se alla festa del paese quante bancarelle c’erano rispetto a un tempo o se hanno portato un cantante che attira gente oppure se c’era la piazza vuota o se la processione è passata per una strada o per un’altra. A Dio non importa nulla di tutto questo. Gli importa se viviamo nel suo amore.

Come dice San Giacomo, nella seconda lettura di oggi: “Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo“.

Se l’uomo vive di amore e nell’amore, allora le tradizioni vengono rispettate, custodite e tramandate perché il suo cuore è puro.

La purezza è una delle beatitudini e consiste nell’avere un’anima trasparente al punto di vedere tutto con lo sguardo semplice di Dio. A partire da questo sguardo, il cristiano purifica quello che ancora non è di Dio e lo riconduce a lui.

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