“Senza amore, quale salvezza potrà avvenire? E se l’amore non si incarna in gesti concreti di tenerezza, che amore è?”
Commento al vangelo della XX del Tempo Ordinario
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Una delle caratteristiche dei vangeli e l’incontro con Gesù di donne straordinarie, invisibili agli occhi di quella che chiamiamo la “società bene” ma che vengono fuori con tutta la forza del loro essere donne, proprio grazie all’incontro con Gesù.
Sono donne alternative, donne vere, autentiche, capaci di smentire una generazione che vive di selfie e narcisismo, che si creano un personaggio alla Madre Teresa ma sono solo una finzione e vivono solo per fare ammirare la propria immagine.
Il vangelo di oggi narra di una di queste donne speciali. Una di quelle donne di cui ci sarebbe bisogno in ogni parrocchia, in ogni paese, quelle che fanno la differenza e ci rendono persone migliori.
Questa donna porta in sé la sfortuna di essere straniera e pagana, di non conoscere il Dio degli ebrei e la loro fede, di non fare parte dell’Alleanza. Conosce Gesù come un profeta ma non sa altro di lui. Ed è distrutta da un dolore: sua figlia è crudelmente tormentata da un demone.
Nell’incontro di questa donna con Gesù avviene un dialogo straordinario, che mette in rilievo la forza d’animo e lo spirito di lotta della donna e la sua fiducia in Gesù.
Gesù la mette a dura prova. Parla di figli e di cani. I cani sarebbero i pagani. La donna gli risponde, con il coraggio dei disperati, dicendo che se c’è un Dio in cielo non ci possono essere figli e cani, ma solo figli, figli con il loro dolore e il loro legittimo bisogno di avere un Dio che si occupi di loro. E se Gesù dovesse decidere di trattarla, alla fine, come un cane, perché pagana, lei non si arrenderà. È disposta a raccogliere, come i cani, le briciole dalla tavola dei figli. E lo farebbe per amore per la figlia tormentata dal diavolo.
Non c’è altro da dimostrare. È per mezzo di lei che Gesù rivela che Dio è di tutti e il suo amore è universale e che non esistono figli e cani. Ed è Gesù che lascia intendere che se tutti sono figli amati, per avere posto nel Regno devono vivere da figli e non da cani.
L’amore rimane un concetto astratto se non prende forma in un codice di comportamenti, in gesti concreti.
Senza amore, senza compassione, quale futuro potrà avere il cristianesimo? Come potrà essere segno per il mondo? E se l’amore non si incarna in gesti concreti di tenerezza, che amore è? Se ognuno è più preoccupato narcisisticamente di curare solo la propria immagine social con quintali di selfie che sono solo una maschera di menzogna, quale credibilità potranno mai avere?
E così, la missione della Chiesa si modella sui comportamenti di Gesù in questa straordinaria vicenda: non restare fermi nelle proprie zone di confort o nei propri principi e posizioni ma muoversi laddove è più grande la sofferenza e dove c’è più bisogno di conoscere Dio; infondere nel mondo la tenerezza di Dio; non schifarsi del dolore dell’altro ma entrare nel suo dramma con la compassione di Dio; asciugare le lacrime dei derelitti e annunciare loro che in Cristo è giunta la salvezza.
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