Quando ci accorgiamo che manca qualcosa alla nostra vista sulle cose. Lo sguardo guarito della fede

Commento al vangelo della XXX domenica del Tempo Ordinario – Anno B

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Il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, cominciato nella regione periferica di Nazareth, sta entrando nella fase più critica. La comunità dei discepoli si trova con Lui a Gerico, inizio dell’ultima tappa del viaggio verso la Città Santa, l’inizio della grande salita di quasi 1000 metri. Qui a Gerico Gesù incontra un cieco e lo guarisce.

In questo tratto di cammino Gesù ha annunciato per ben tre volte che il suo viaggio si concluderà con la morte.  

I discepoli non comprendono. Gesù affronta la solitudine perché i discepoli, talmente presi dai loro progetti di gloria terrena non lo ascoltano. Non riescono a vedere quello che sta davanti a loro. Possiamo dire che sono ciechi rispetto alla visione che Gesù ha cercato di rivelare loro. Quale visione? Il Regno sarà edificato e Lui ne sarà il capo, ma non sarà un regno politico, sarà un regno spirituale e la sua instaurazione passerà attraverso il dolore. Passando per la via del dolore Gesù raggiungerà la sua gloria.

Nella nostra vita rischiamo cose simili quando ascoltiamo la Parola di Dio e non apriamo il cuore alla comprensione di ciò che veramente lo Spirito Santo ci sta comunicando. Pensiamo di vedere ma siamo ciechi. Non vediamo perché i nostri occhi sono chiusi alla percezione che Dio si sta servendo di noi per realizzare un suo disegno di salvezza. E come tali siamo anche mendicanti di luce.

Come Bartimeo, nel vangelo di oggi. Gesù, nel ridargli la vista, non compie nessun rituale speciale. Semplicemente gli dice che la sua fede lo ha salvato. E questa è la verità. La cecità di Bartimeo, assieme alla nostra cecità, scompare nella misura in cui affiora sale dal nostro profondo l’invocazione accorata di salvezza, più forte delle voci del mondo che vi si sovrappongono sulle nostre labbra l’atto di fede in Cristo. Ma per fare questo atto di fede bisogna accorgersi di Lui, abbandonarsi a Lui, vivere di Lui e accogliere nella nostra vita la sua parola, abbandonando ogni nostra pretesa di controllare Dio.

Per darci questa luce Gesù offre sé stesso come sommo ed eterno Sacerdote, “capace di sentire giusta compassione” per tutto noi che siamo nel peccato, come afferma la Lettera agli Ebrei nella seconda lettura di oggi. Egli è colui che adempie l’antica profezia di Geremia essendo il volto visibile di Dio che conduce fuori dall’oscurità “il cieco, lo zoppo, la donna incinta e la partoriente“. “Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele“.

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