Volevo cambiare il mondo…

A 6 anni, guardavo i cartoni animati e volevo cambiare il mondo diventando un super eroe ed eliminando tutti i cattivi.

A 15 anni, volevo cambiare il mondo diventando una persona importante, come Gandhi, le cui idee cambiano il corso delle storia.

A 25 anni volevo cambiare il mondo con la forze delle idee e di una visione del futuro e lottando contro le ingiustizie.

A 40 anni si affacciava forte la voce della… “ragione”… che mi diceva che il mondo non cambierà mai. L’unica opzione è rassegnarsi all’inevitabilità del male e, se mai, tentare di farci il massimo guadagno possibile.

Fu una stagione di grandi tensioni interiori. Mi accorgevo che in gioco non c’era l’idealismo della gioventù. Dall’esito di questo scontro, tutto interiore, dipendeva chi e cosa sarei stato per il resto delle vita.

Ho raggiunto e superato la soglia dei 50 anni. A 18 anni pensavo che arrivarci significava che i giochi della vita erano fatti una volta per sempre. Non potevo sbagliarmi di più.

Invece si è aperta quella che ritengo essere la più bella stagione della mia vita.

Superato lo scontro sull’alternativa fra idealismo e rassegnazione, sto vivendo una straordinaria stagione di riflessioni e di bilanci della vita, di questa prima parte.

E mi accorgo che non solo questa età, ma ogni età, può essere vissuta o come un tramonto oppure come un nuovo inizio. Io lo chiamo “ricominciamento”. Dipende da ciò che ognuno sceglie. Dipende se vince una speranza più matura e realista oppure la rassegnazione. Siamo noi a scegliere. Dipende da chi e cosa vogliamo essere

Prevale in me, adesso, una visione delle cose più matura e più serena.

Tutto si può risolvere, se si vuole. Gli errori si possono correggere, le ferite possono guarire. Il mondo non è diviso in buoni e cattivi. È possibile dare una misura di fiducia, che va dosata con cautela, anche a chi si pensava fosse un nemico. E se chi nemico lo è stato davvero, sceglie di rimanerlo ancora e non accoglie la mano tesa, va bene anche così.

A questa età si cambia profondamente, a patto che permetti alla vita di fluire dentro di te, con tutta la sua energia. E il cambiamento di crescita è una esperienza straordinaria.

Ho scelto di fare questa condivisione e di metterla a disposizione degli amici proprio adesso che non sento più alcun bisogno di mettere sulla piazza pubblica quello che appartiene solo a me e non è sottoponibile all’altrui approvazione.

Sembra un paradosso ma scelgo di farlo perché, nella mia personale lotta interiore fra speranza e rassegnazione, constatando quanto pericolosamente miope sia diventato il mondo, osservando come alla maggior parte delle persone interessa solo il quieto vivere e come ognuno fa di tutto per evitare di lasciarsi coinvolgere e prendere una posizione, penso che questa condivisione possa dire qualcosa di importante alla banalità, elevata a misura di tutte le cose.

Non so quanto sia rimasto in me della persona che ero un tempo. Ma ho ancora tanta voglia di cambiare il mondo.

La differenza sta nel significato che dò a queste parole. È dentro di me, nelle mie viscere, che devo accogliere la passione dell’umanità e pacificarla. E dentro di me che devo risolvere le contraddizioni del mondo, scegliendo di non vivere una vita banale. È dentro di me che deve nascere il desiderio di ispirare gli altri a riappropriarsi di una misura alta della vita, dello sguardo verso il cielo, di quel cielo che le varie versioni del materialismo degli ultimi 170 anni ci hanno rubato.

Quanto ci riesca lascerò a Dio, e solo a Dio, e non agli uomini, giudicarlo.

E quando un giorno me ne sarò andato, vorrei che ci fosse qualcuno che voglia prendere in consegna la fiaccola della speranza che io mi sono impegnato così tanto a non spegnere e che voglia continuare le corsa.

Credo sia questo il sogno più bello, il modo più bello di cambiare il mondo.

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